Le antiche processioni

Era ed è costume dei Reverendissimi Canonici della Cattedrale attraverso il loro segretario, trascrivere i principali avvenimenti della Chiesa di Aversa per tramandarli ai posteri.

Tra questi avvenimenti figurava un tempo la processione annuale che si faceva in onore del Patrono della città, San Paolo, e del Compatrono, San Sebastiano.
Queste processioni avevano un loro cerimoniale rigido sia nella disposizione, sia nel percorso da seguire, il quale si ripeteva sempre identico dagli antichissimi tempi e ricalcava perfettamente l’antico circuito perimetrale della primitiva città. Il canonicola città in forza di una domanda fatta da essi al Capitolo e favorevolmente accolta con alcune condizioni nel maggio del 1739.

Dopo venivano i Seminaristi, di poi i due chierici della Cattedrale addetti al servizio del coro e uniti una moltitudine di musici con trombe, tromboni, timpani, oboé, viole, violini ed altri strumenti a corde.

La turba di musicanti era seguita dal Vicario Curato della Cattedrale, indi i Canonici, poi la statua del grande Apostolo, nostro primo patrono principale, in ultimo il Vescovo in abiti pontificali ed un popolo sterminato, fece in modo che dalla SS. Trinità la processione voltando a destra giungesse all’estremità del palazzo del Sig. Emanuele Pacifico marchese di Villa Ariosa, quindi giungeva per il monastero di Montevergine, oggi casa succursale del R. Manicomio e, percorrendo la strada di S. Bartolomeo essendo giunta al punto poco lontano dall’arco della porta Antica del Mercato vecchio, si avviava verso la sinistra e rasentando le case che ora appartengono ai Signori Russo, Golia ed Angelillo, s’introduceva nella chiesa delle dette claustrali.
I Cassinesi non vollero entrarvi. Dopo pochi minuti la processione avvicinandosi al muro dell’orto dei bagni, entrava nel vicolo che ha dirimpetto la casa dei Signori Sforzi, poi voltando per la sinistra, dopo aver percorso la strada del Seggio, ove si trova la chiesa di S. Antonio, faceva ritorno alla Cattedrale. In merito alla processione di S. Paolo vi fu ancora un altro cambiamento.

Nel 1776 anche le Suore di S. Biagio rivolsero l’appello al vescovo perchè la processione passasse per il loro monastero. Il Vescovo le accontentò così la processione arrivata al largo, che si trova davanti alla Caserma della Cavalleria, tirò diritto sino al trivio, per il quale si va alla chiesa del Carmine, ove voltò sulla sinistra per il palazzo dei Signori Carotenuto, e, giunta all’estremità del palazzo dei Signori Rosano, voltò sulla destra per entrare nella chiesa di S. Biagio.

Da questa chiesa la processione si diresse per la strada che va diritto a quella di Monserrato. Di lì, per il quadrivio di S. Giovanni, passò innanzi alla chiesa della Madonna delle Grazie, ed essendo arrivata all’angolo della casa attigua ad essa, voltò sulla destra per la Scalella e seguitò a camminare per le medesime strade che furono percorse nel 1775. Questo percorso non subì più altro cambiamento fino al 1819. In questo anno Mons. Tommasi dispose che la processione di S. Paolo facesse il cammino rimasto in vigore per oltre un secolo.


La Festa della Madonna di Casaluce

E’ una festa un pò fuori dagli schemi, tra le tante che caratterizzano i paesi di Terra di Lavoro, quella che si svolge ad Aversa in onore della Madonna SS. di Casaluce. La festa prende il nome dalla Madonna che si onora per otto mesi all’anno in un piccolo comune rurale non lontano da Aversa, Casaluce, e per i restanti quattro mesi ad Aversa.
L’effige della madre di Dio, che secondo la tradizione è opera del pennello di San Luca, pervenne da Gerusalemme a Carlo I d’Angiò nel 1277 e fu da questi collocata, insieme con due idrie (nelle quali Gesù avrebbe operato alle nozze di Cana il miracolo della conversione dell’acqua in vino), nel castello angioino di Aversa, situato fuori le mura della città, nel borgo detto del Mercato vecchio, ove si trova l’attuale chiesa di San Pietro a Maiella.
Sistemata in seguito nel castello di Casaluce, mutato in sacro chiostro da Ramondello del Balzo, la sacra immagine fu da questi donata ai monaci celestini insieme col castello.
Così la Madonna fu detta “di Casaluce” e sotto questo titolo viene onorata da oltre sei secoli.

Chiesa Madonna di Casaluce

Poichè i padri celestini annualmente, nei mesi estivi, per evitare il pericolo della malaria, tornavano all’antica sede di Aversa portando seco la sacra effigie, derivò da questo il transito annuale della “Madonna di Casaluce” ad Aversa.

Da qui accesissimi contrasti, che spesso degeneravano nella violenza, tra gli abitanti dei due centri, finchè Ferdinando II di Borbone, con un decreto del 23 marzo 1857,stabilì quale dovesse essere il tempo della dimora della sacra immagine nei rispettivi comuni.
I contrasti sono oggi cessati, ma non è cessata la spettacolare simbolica resistenza, che si manifesta col sospingere avanti e indietro la statua sulla linea di confine dei due paesi, con una tenacia che è soprattutto frutto di ataviche consuetudini popolari.
La processione si svolge per più sere consecutive per appagare i desideri degli abitanti di ogni rione, che preparano alla Vergine il tosello, il palco su cui viene appoggiata la statua, adornano le strade con splendide luminarie e condiscono il tutto con i rituali fuochi d’artificio e tanta musica, che nell’attesa dell’arrivo della Madonna è di carattere profano. Per le strade sciama la folla dei fedeli; da ogni lato si levano le voci dei piccoli rivenditori di souvenirs, giocattoli, palloni colorati, dolciumi, soprattutto torrone, confezionato in mastodontiche forme.


La Madonna dell’Arco, un culto antico

Aversa, con i suoi 36 circoli della Madonna dell’Arco, è uno dei centri maggiormente legati al rito devozionale della Madonna dell’Arco.
E’ questo un culto antico, che nel contesto di un mondo dove il malessere dilaga, dove la gente cerca se stessa senza ritrovarsi, appare come un vero fenomeno psico-terapeutico concernente tutta una popolazione che ha saputo rimanere legata alle sue radici.
Ed un fatto è sicuro: questa festa non rientra assolutamente in quella categoria di feste folcloristiche senz’ anima e prive di quella dimensione “sacra”, ormai scomparsa dalla nostra società razionale.
L’organizzazione della festa è affidata alle Associazioni, che disseminate per il territorio su base rionale -in uno stesso quartiere ve ne possono essere diverse-hanno il compito di realizzare ogni anno il complesso rituale legato al culto della Madonna dell’Arco.

Queste Associazioni svolgono il compito di raccogliere le offerte necessarie al finanziamento dell’apparato rituale, predisposto per il giorno di Lunedì in Albis.
La questua parte solitamente la prima domenica dell’Epifania e prosegue fino alla domenica di Pasqua.

Il denaro raccolto provvederà non soltanto al pellegrinaggio del Lunedì in Albis verso il Santuario della Madonna, posto a Pomigliano d’Arco, ma anche e soprattutto alle toccanti celebrazioni che si svolgeranno in città la mattina di quello stesso giorno.
Proviamo a seguire un gruppo di fujenti o battenti (così vengono chiamati i devoti della Madonna dell’Arco) per le strade della città, in un piovoso giorno di Pasqua.
E’ questo l’ultimo giorno utile per rimpolpare la questua.
Piedi scalzi, pioggia scrosciante; il sudore si mescola all’acqua sulle fronti dei portatori di toselli; intorno si invocano offerte per la Madonna.
Dalle finestre qualcuno si affaccia per lanciare in strada un obolo.
Il piccolo gruppo si ferma di fronte ad una delle tante edicole votive sparse lungo il percorso, dando inizio ad un rituale che ci riporta ad epoche arcaiche.
La musica è una strana mescolanza dei generi più diversi.
Si formano gli schieramenti: uomini, donne, bambini, stretti sottobraccio avanzano ed indietreggiano di fronte all’immagine sacra ed alla fine si gettano a terra, nella fanghiglia, la faccia sull’asfalto.
Un portabandiera regge in equilibrio un altissimo gonfalone e mentre danza al ritmo di una musica lenta e sincopata come una struggente nenia orientale, lo trattiene coi denti per moderarne il ritmo.
Il giorno successivo,Lunedì in albis, queste esibizioni si trasformano in vere e proprie gare che si svolgono in vari punti della città.
Per tutta la mattinata, i gruppi (squadre) si spostano da un quartiere all’altro recando omaggio alle edicole presenti con le loro caratteristiche funzioni, quindi sfilano al cospetto della varie giurie insediate per l’occasione, portando in spalla enormi quadri raffiguranti soggetti biblici o i cosiddetti toselli (costruzioni originali, con al centro un quadro della Madonna dell’Arco).
Avanzando con mistica lentezza e facendoli ballare al ritmo della musica, essi cercano di meritare uno dei tanti premi in palio e soprattutto gli applausi del folto pubblico presente. Infine, nel pomeriggio, la partenza per il Santuario.

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